Missione Archeologica Italiana in Afghanistan (MAIA)
La Missione Archeologica Italiana in Afghanistan (MAIA) nasce nel 1957 nel quadro di un più ampio progetto di studi lanciato da Giuseppe Tucci, allora Presidente dell’IsMEO (Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente) di Roma, il cui obiettivo era l’esplorazione delle diverse culture della macroregione “Eurasia” in una prospettiva al tempo stesso differenziata e integrata. Come base operativa, con l’accordo delle autorità locali, la MAIA scelse la regione di Ghazni, antica capitale dell’Impero degli Yaminidi.
La posizione strategica di questa regione rispetto all’antica “Strada meridionale” che collegava l’Iran occidentale all’India, così come lo splendore celebrato dalle fonti islamiche, promettevano fruttuose ricerche archeologiche. I risultati delle attività, fin dall’inizio, diedero ragione a questa intuizione. Tuttavia, la magnificenza della Ghazni islamica, che ora trovava finalmente un riscontro archeologico, era a sua volta indizio di un passato pre-islamico altrettanto importante. Già nel primo rapporto sulle campagne di scavo 1957-1958, si segnalava il potenziale interesse della collina di Tapa Sardar, dove i primi sondaggi rivelarono infatti l’esistenza di un’area sacra buddhista, che, come sarebbe stato acclarato dal prosieguo degli scavi, fu uno dei più importanti e longevi dell’Afghanistan. Fin dal suo esordio, quindi, grazie non solo a fortunate coincidenze, ma anche ad una propensione verso l’archeologia territoriale e alle traiettorie intrecciate della storia culturale, la MAIA si è caratterizzata per la cura specialistica dei singoli campi di indagine e per l’ampiezza degli orizzonti.
L’occupazione sovietica nel 1979 e i conflitti che ne seguirono segnarono una lunga interruzione dei lavori sul campo. Alla fine del 2002 la MAIA rientra finalmente a Ghazni, tuttavia, il progressivo deterioramento delle condizioni di sicurezza nell’area di nuovo impone la sospensione del lavoro sul campo nel 2005. Con l’eccezione di attività di manutenzione e dell’allestimento di un piccolo museo temporaneo, voluto dal locale Governatorato per celebrare l’evento “Ghazni capitale della cultura islamica 2013”, le attività si spostano nella regione di Kabul, per sostenere gli scavi di emergenza condotti dall’Archaeology Institute of Afghanistan in siti buddhisti a rischio, in particolare Tepe Narenj e Qol-e Tut; grazie anche alla liberalità dell’Archaeology Institute of Afghanistan e della Délégation Archéologique Française en Afghanistan (DAFA), la MAIA ha avuto accesso anche al sito di Mes Aynak e alla sua documentazione. Questa partecipazione non è stata di carattere puramente tecnico, ma ha prodotto studi importanti sui singoli siti e, in generale, un avanzamento notevole delle conoscenze sulla storia e sul patrimonio culturale dell’Afghanistan.
La MAIA è attualmente gestita dall’ISMEO (Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente), erede scientifico dell’IsMEO, di cui riprende l’acronimo. Ciò ha permesso, anche negli anni di forzata discontinuità, di non disperdere il patrimonio documentario e le conoscenze e ha consentito di far progredire costantemente gli studi teorici, grazie anche all’adozione di strategie flessibili di attività da remoto. Questi progressi si riflettono nell’elevato numero di pubblicazioni di carattere sia scientifico sia divulgativo e nei programmi di educazione gratuita a distanza, in particolare attraverso la digitalizzazione e condivisione in open access dei vecchi archivi cartacei (Buddhist and Islamic Archaeological Data from Ghazni, Afghanistan.A multidisciplinary digital archive for the managing and preservation of an endangered cultural heritage ) , le restituzioni grafiche di singoli monumenti e complessi architettonici e la produzione di video animati.
La MAIA è sostenuta dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.