Il quadro economico dell’Afghanistan continua ad essere particolarmente complesso. La Banca Mondiale e le agenzie ONU concordano sul fatto che, con la fine della Repubblica islamica e l’insediamento del governo dei talebani, si sia verificato un sensibile peggioramento dell’economia afgana. Diversi fattori endogeni ed esogeni contribuiscono a mantenere una larga parte della popolazione in condizioni di povertà, soprattutto nelle aree rurali, scoraggiando gli investimenti e ostacolando la ripresa del settore privato.
Secondo un recente rapporto della Banca Mondiale, l’insediamento del Governo de facto talebano ha provocato il collasso dell’economia afgana, che è crollata del 20,7% nel 2021, e che ha perso un ulteriore 6% nel 2022, per restare sostanzialmente stagnante nel 2023, e nella prima metà del 2024.
L’Afghanistan figura tra le ultime posizioni mondiali in termini di PIL pro capite, e la metà della popolazione è al di sotto della soglia di poverta’ (fonte OCHA).
La maggior parte delle transazioni avviene in contanti e sui canali informali. Il settore bancario in Afghanistan è storicamente debole: già prima dell’ultima crisi, le banche venivano utilizzate solo per trasferire i soldi dall’estero, e per pagare gli stipendi pubblici, in un sistema economico basato sul contante. Oggi le transazioni con l’estero avvengono principalmente attraverso agenti, spesso basati a Dubai, e le commissioni si aggirano attorno al 5%.
Il blocco del sistema bancario, la fuga di molti imprenditori afgani e il depauperamento delle expertise, ha causato una paralisi nella costruzione delle infrastrutture nazionali. L’incertezza del quadro giuridico ha impedito il completamento delle opere già iniziate e l’avvio di nuovi progetti infrastrutturali. Le sanzioni hanno avuto inoltre un impatto negativo sulla possibilità di ottenere garanzie e assicurazioni delle attività economiche con l’Afghanistan, scoraggiando l’assunzione di rischi da parte degli imprenditori stranieri. Il rischio reputazionale, inoltre, continua a dissuadere una larga parte dei potenziali investitori dall’entrare in Afghanistan.
La situazione negli ultimi tempi ha mostrato timidi segnali di ripresa. I controlli valutari e le iniezioni di valuta da parte delle Nazioni Unite (per il pagamento di stipendi e attività umanitarie) hanno stabilizzato il tasso di cambio; la Banca centrale ha ripreso a giugno scorso a stampare moneta, permettendo la raccolta delle banconote danneggiate in circolazione; alcune banche nel Golfo, in Turchia, Pakistan e Cina opererebbero con le banche afgane sul sistema SWIFT; sono state introdotte eccezioni al sistema sanzionatorio per permettere il trasferimento di fondi destinati al finanziamento delle attività umanitarie; le commissioni sui trasferimenti verso l’Afghanistan si sarebbero ridotte, sebbene il ricorso a tale strumento sia scarso, per il rischio reputazionale percepito da istituti bancari ed operatori economici.
Nella prima metà del 2024 si conferma una moderata contrazione dei prezzi, dopo la deflazione registrata nel 2023, e il simultaneo aumento del deficit commerciale.
Nel quadro delle recenti tensioni tra Afghanistan e Pakistan, Islamabad avrebbe da ultimo deciso di vietare il transito di alcune tipologie di prodotti, imporre un dazio sulle merci destinate in Afghanistan, e chiedere un deposito di garanzia. Le tensioni politiche e tariffarie con il Pakistan hanno portato a una riduzione dell’interscambio con quel Paese; l’Iran è così diventato il maggiore fornitore dell’Afghanistan, grazie alla sottoscrizione di accordi commerciali ed economici bilaterali. Vi sono segnali di ritrovata vitalità nel commercio con l’Asia centrale, grazie alla ripresa del traffico su rotaia da Mazar-i-Sharif verso l’Uzbekistan.
Il settore minerario rimane in un limbo: se da un lato vi è un diffuso interesse per i ricchi giacimenti afgani, in particolare per quanto riguarda il litio, la cromite e le terre rare, ma anche l’oro, lo zinco, altri metalli e pietre preziose, dall’altro lato, il costo delle prospezioni, l’assenza delle infrastrutture di trasporto, e la disponbilità di giacimenti in altri Paesi meno rischiosi, contribuiscono a scoraggiare gli investimenti da parte delle poche imprese autorizzate a investire nello sfruttamento delle miniere afgane. A partire dal 2023, le autorità de facto hanno annunciato la sigla di intese per lo sfruttamento da parte di imprese cinesi, iraniane, turche, e uzbeke, ma le estrazioni effettive rimangono esigue.
Si segnalano sporadici segnali di attenzione da parte di Paesi e imprenditori stranieri. A settembre 2023, una delegazione di operatori economici della Camera di Commercio Afgano-Americana si è recata a Kabul, ove ha avuto incontri con il vice Primo Ministro de facto Baradar, e con i Ministri dei dicasteri economici. Ad agosto 2024, il Primo Ministro dell’Uzbekistan Aripov si è recato in visita a Kabul, per siglare una serie di accordi economici e commerciali, anche in campo minerario. Occorrerà inoltre verificare se sarà effettivamente avviato il cantiere, come annunciato dai talebani, per realizzare il tratto afgano del TAPI, vecchio progetto per un gasdotto tra il Turkmenistan e il subcontinente indiano. Parimenti interessanti sono i contatti tecnici avviati con l’Uzbekistan per realizzare una ferrovia transafgana.
L’importanza del settore privato, quale volano per la crescita e la creazione di posti di lavoro, è stata sottolineata dall’Independent Assessment presentato dal Coordinatore Speciale ONU per l’Afghanistan al Consiglio di Sicurezza (dicembre 2023), noto come “Rapporto Sinirlioglu”[1]. Il rilancio del settore privato è inoltre stato, insieme alla lotta al narcotraffico, oggetto di una discussione dedicata, nel quadro della Terza Conferenza di Doha sull’Afghanistan, svoltasi lo scorso 30 giugno-1 luglio, sotto egida ONU. Alla riunione, presieduta dalla USG Rosemary DiCarlo e alla quale hanno partecipato per la prima volta esponenti delle autorità de facto, si è preso atto dell’interesse comune della comunità internazionale e delle autorità de facto a stabilire dei gruppi di lavoro per rilanciare il settore privato e consolidare i risultati ottenuti nel contrasto al narcotraffico. Sull’avvio dei gruppi di lavoro, incluso il cruciale tavolo per il rilancio del settore bancario, pesa tuttavia il peggioramento del quadro dei diritti umani in Afghanistan, in particolare i diritti delle donne.
Uno dei temi maggiormente delicati è legato ai fondi dello Stato afgano congelati negli USA, alla luce delle sanzioni in vigore contro i talebani. Tali fondi, che oggi ammontano a 3,8 miliardi USD, sono depositati presso un trust fund istituito in Svizzera, in attuazione di un ordine esecutivo del Tesoro USA. Secondo l’art. 4 dello Statuto del Fund for the Afghan People, tali fondi potrebbero essere utilizzati per impieghi “a beneficio del popolo afgano”, ivi inclusa la stabilizzazione del tasso di cambio, il controllo dell’inflazione, la liquidità del settore bancario, il servizio del debito pubblico.
La situazione economica dell’Afghanistan oggi continua ad essere incerta, anche alla luce dell’avverso contesto di sicurezza, e dell’elevato rischio Paese; va comunque monitorata nel medio termine l’evoluzione del contesto politico, di sicurezza, ed economico, incluse le possibili manifestazioni di interesse degli attori economici stranieri e gli sviluppi del settore privato afgano, alla luce della rilevanza dell’Afghanistan in termini di posizionamento geostrategico, ricchezze minerarie, qualità delle produzioni agricole, e andamento demografico (42 milioni di abitanti, con un tasso di crescita poco inferiore al 3%).
[1] “The private sector, now the main driver of growth and employment opportunities, continues to face challenges related to international payments and market access while confronting a depressed domestic demand. The United Nations stands ready to play a constructive role in promoting private sector development, including through initiatives such as revitalizing the microfinancing sector, which can also help empower Afghan women, absorb the growing labour force and fight poverty”, cfr. para. 77 of the independent assessment on “the situation in Afghanistan and its implications for international peace and security”, 1 December 2023.